La principessa che credeva nelle favole di Marcia Grad

C’era una volta una tenera principessa dai capelli dorati di nome Victoria, fermamente convinta che le favole prima o poi si avverino, e che le principesse siano destinate a vivere per sempre felici e contente. La piccola credeva nella magia dei desideri, nel trionfo del bene sul male e nell’amore che vince ogni cosa: le sue convinzioni si basavano sulla saggezza delle favole.

Ovvero: Come liberarsi del proprio principe azzurro.

C’era una volta una tenera principessa dai capelli dorati di nome Victoria, fermamente convinta che le favole prima o poi si avverino, e che le principesse siano destinate a vivere per sempre felici e contente. La piccola credeva nella magia dei desideri, nel trionfo del bene sul male e nell’amore che vince ogni cosa: le sue convinzioni si basavano sulla saggezza delle favole.

la principessa che credeva nelle favole recensione
La principessa che credeva nelle favole di Marcia Grad Powers
Pemme Pickwick
luglio 2013, pp. 224
ISBN: 9788868366193; Prezzo: 8,90
Titolo originale: The Princess Who Believed in Fairy Tales: A Story for Modern Times

La vita di una principessa è più dura di quanto si creda. Lo sa bene Victoria che, tanto per cominciare, deve sempre fare i conti col Codice Reale, che regola i comportamenti ed i sentimenti delle principesse. Le dice come deve apparire, agire e parlare in qualunque momento. Le indica come dovrebbe pensare, e decreta con estrema precisione ciò che lei non può mai e poi mai provare e sentire.

Poi ci sono il re e la regina, costantemente delusi da lei, perché non si comporta come loro vorrebbero, non è come loro si aspettano. Il re non fa altro che urlarle: «Si può sapere che cos’hai che non va? Perché non riesci ad essere come gli altri bambini reali? Che cosa ho fatto per meritarmi tutto ciò?», per poi discutere di lei con la regina, ma come se lei non fosse presente.

Victoria è triste, perché non capisce dove sbaglia.

Vorrebbe piangere, ma non può: il Codice Reale le impone di sorridere sempre, anche quando non vuole. E allora cerca di riflettere su quello che le ha detto la regina, quella che le impedisce di fare tutto ciò che non ritiene opportuno: che c’è un modo giusto e uno sbagliato di essere, di comportarsi, di provare le emozioni; e cerca d’imparare la differenza, una volta per tutte. È per il suo bene, le ha assicurato sua madre. E Victoria, che ha cominciato a dubitare della verità, sa che la regina ha sempre ragione.

Così, Victoria cresce, trasformandosi nella deliziosa giovane donna, dolce e graziosa, che deve essere ogni principessa che si rispetti. Col tempo lo specchio ha iniziato a restituirle l’immagine che vedeva negli occhi dei suoi genitori e poco importa se lei ha perso la voglia di vedercisi riflessa. Si diploma con onore e il re le fa un dono speciale: le offre la mappa della famiglia reale, un tesoro di inestimabile valore che ha diretto il corso delle esistenze reali sin dagli albori del loro lignaggio. È lì sopra che è scritto quale sarà il suo percorso.

Ma Victoria non ha bisogno della mappa. Sa già cosa ci si aspetta da lei: che si laurei e che finisca in un palazzo tutto suo, nel quale vivere per sempre felice e contenta insieme al Principe Azzurro.

Ed eccolo il Principe, che si adatta alla perfezione ai suoi parametri e che è venuto a salvarla. Tutti lo amano, chiunque lo incontri ne resta affascinato, e Victoria pensa di non aver mai conosciuto nessuno che meriti al pari di lui tale appellativo. Persino il re e la regina ne sono soddisfatti: questo sì, che è un principe alla sua altezza. Così Victoria e il Principe si sposano e la fanciulla è convinta che la sua favola durerà per sempre.

Ma, ahimè, non è così. E quando le cose non vanno come ci hanno sempre assicurato, quando ci si ritrova a dover contare solo su sé stessi, come si fa? Da dove si comincia? Ma, soprattutto, si può ricominciare? È a questo punto che inizia la vera crescita di Victoria, accompagnata, lungo questo percorso di conoscenza di sé, da amici molto speciali.

Sfido chiunque a non riconoscersi, almeno un po’, in questa favola che una favola non è. Tutti noi, crescendo, abbiamo dovuto fare i conti con quello che gli altri volevano che fossimo. In una qualche misura, chi più, chi meno, ci siamo allineati a quell’immagine che ci chiedevano. Mettere da parte ciò che si è per apparire come gli altri ci vorrebbero, ingannati dall’illusione che quegli altri, in questo modo, ci vogliano più bene.

È quello che fa Victoria: si annulla ogni giorno un po’ di più, si ridisegna per calzare all’ideale dei propri genitori e loro le sorridono, soddisfatti, e lei crede che le vogliano più bene, per questo. Così, col Principe, eccola a replicare quello schema che a casa ha funzionato e fa di tutto per compiacerlo. Quando questo non funziona, Victoria non capisce, non riesce a farsene una ragione: ho seguito il Codice, perché le cose sono andate così? Dove ho fallito?, continua a ripetersi.

“Tutti dovrebbero sapere chi sono, ma ben pochi lo sanno.”

La tara sta nell’educare ad essere Principi e Principesse, invece che a conoscere chi si è e ad amarsi e amare per come si è. Si soffre e si fa soffrire perché si smette di seguire la propria musica personale, affannandosi disperatamente per adattarsi a quell’immagine che gli altri ci chiedono, convinti che la felicità stia in ciò. A tal proposito, ho trovato molto significativo un passaggio in cui Victoria si chiedeva come mai, nonostante tutto il suo amore, nonostante tutti i suoi sforzi, il Principe avesse comunque continuato a non avvedersene e a trattarla male. La risposta è stata folgorante: neanche se lo avessi amato dieci volte tanto saresti riuscita a colmare il vuoto che lo divora.

Quando uno si odia e pensa di non essere all’altezza, non riesce a credere di meritarsi qualcosa di buono, che a lui sembra troppo. Non riesce a capire che la persona che ha davanti lo ama per quello che è, che non gli chiede di essere nessun altro, tranne sé stesso. Ma come può essere sé stessa, una persona che non è abituata ad esserlo e che è stata educata a credere che nell’essere sé stessa ci sia qualcosa di sbagliato?

Victoria, nel suo percorso di scoperta di sé, impara questa ed altre lezioni.

Per esempio, impara che non tutti vogliamo le stesse cose, e ciò che non va bene per una persona, può andare benissimo per un’altra. Io, questa cosa, posso vantarmi di averla imparata da lustri. È la ragione per cui, quando qualcuno viene a confidarmi un qualche cruccio, non mi affretto a dirgli cosa deve o non deve fare, mettendo in moto quel meschino ricatto emotivo latente (sì, perché di ricatto emotivo si tratta, visto che quella persona ha considerazione di noi e di quello che diciamo e, di conseguenza, non vuole deluderci – si ritorna, così, alla questione dell’annullarsi per compiacere qualcun altro). Anche se immagino come vorrei gestire io una certa situazione, so che quel qualcuno, quasi sicuramente, vorrebbe comportarsi in modo diverso. Perciò, gli chiedo: ma tu, che cosa vuoi, che cosa vuoi fare?

E mai tirare fuori quell’altra orribile frase: ti meriti/non ti meriti questo e ti meriti di meglio. Perché, sì, la questione non è cosa io credo che una persona meriti, bensì ciò che lei vuole per sé stessa. A me potrebbe bastare una palude, per essere felice, lei potrebbe aver bisogno di un castello, invece. Io so che mi sentirei perfettamente felice con un fittavolo, magari persino sciancato, mentre lei, invece, non potrebbe fare a meno di un Principe, possibilmente con più residenze e una Mastercard Oro Plus (non so neanche se esista).

Il punto è che:

“Il viaggio è diverso per ognuno: un sentiero può essere giusto per una persona e sbagliato per un’altra. Solo il cuore di ogni singolo essere umano conosce la via. […] Quando invece ti sei trovata davanti il bivio, per capire come comportarti hai fatto affidamento sulle convinzioni di qualcun altro… ed è proprio così che una persona si perde.”

Bel libro, anche se perde un po’ nel finale, quasi che Marcia Grad non sapesse come concludere. Se vi capita, leggetelo!

4 comments on “La principessa che credeva nelle favole di Marcia GradAdd yours →

  1. Alzo la mano, perché mi riconosco nella storia. Principe compreso, a sua volta succube dello sguardo degli altri, ma apparentemente più sicuro di me. Su quest’argomento ci scriverei un trattato se potessi. Quando sono rinsavita, non era poi troppo tardi. Potevo ancora fuggire e l’ho fatto. Lontana da tutti, ho ritrovato me stessa. È una storia comune a molti, se non a tutti. E hai ragione da vendere quando dici che non dovremmo dare consigli né dire la solita frase con la parola “meritare” in mezzo. Quando diamo consigli non stiamo anche cercando di controllare la vita degli altri? Avevi bisogno di leggere qualcosa così as a reminder. Grazie B&F

    1. 🙂 Se deciderai mai di scriverci un trattato, mi prenoto per leggerlo.
      Esatto: non riusciamo a controllare la nostra vita, e quindi, più o meno inconsciamente, è come se cercassimo di rifarci decidendo della vita degli altri. A volte, addirittura, mi pare che gli altri si affannino ad impicciarsi della vita dello sventurato di turno, dicendo peste e corna, per poter far sembrare migliore la propria (vita). Io poi sono strana, queste cose non le posso patire.
      Mi dispiace leggere del brutto periodo che hai passato, ma ritrovare sé stessi è il punto di partenza per un nuovo cammino, felice si spera. 🙂

  2. No, che strana! Allora siamo due strane. Ho vissuto per anni in un paesino di mille anime cicondato da altri paesini di poche anime. Tutti conoscono tutti. Immagina come stavo messa. Pensa che gli altri sapevano cose della mia vita che io stessa non sapevo! XD
    Chissà, un giorno magari ti racconterò tutto davanti a un tè e un pezzo di torta. Yeahhh

    1. Il tipico caso degli altri che ne sanno più di te. Ho ben presente, purtroppo.
      🙂 Mi sa che ne avremmo da raccontare! Non mi tiro mai indietro, quando si tratta di tè e torta.

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