Una vita alla fine del mondo di Francisco Coloane 🇮🇹

Una vita alla fine del mondo di Francisco Coloane 🇮🇹

Una vita alla fine del mondo di Francisco Coloane è il racconto un’avventura lunga una vita. Una vita vera, di quelle che non si trovano neppure nel migliore romanzo di Jack London. Pastore, mozzo, cacciatore di foche, baleniere, giornalista e scrittore…

RECENSIONE

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“Ho vissuto più di quanto abbia potuto scrivere e ricordare.”

Una vita alla fine del mondo Coloane

Ad inizio anno, tra i miei propositi, c’era anche quello di approfondire la conoscenza degli scrittori latino americani. Ho cominciato leggendo Patagonia express. Appunti dal sud del mondo e, qualche mese più tardi, L’avventurosa storia dell’Uzbeko muto di Luis Sepúlveda. L’autore, in uno dei suoi racconti, cita Francisco Coloane, e lo fa con un affetto ed una stima toccanti. Così, mi sono subito procurata qualcosa.

Francisco Coloane (1910 -2002) è ritenuto uno dei più grandi romanzieri latino americani del XX secolo. Nato sull’isola di Chiloé, nell’estrema Patagonia (Cile), prima di diventare giornalista e scrittore, è stato pastore, mozzo, cacciatore di foche e baleniere. La sua produzione letteraria non è vastissima, ma può vantare numerosi premi e riconoscimenti. L’ultimo mozzo della Baquedano (1941), Capo Horn (1941), I conquistatori dell’Antartide (1945) e Terra del fuoco (1956) sono solo alcune delle sue opere più riuscite.

Ne Una vita alla fine del mondo (2000), Coloane si racconta e racconta la sua adorata Patagonia, in un viaggio, lungo novant’anni, fatto di ricordi e tanto cuore.

Con passo leggero, comincia col ripercorrere l’infanzia, gli anni come pastore nelle haciendas della Terra del Fuoco. Poi lo vediamo come mozzo su una baleniera, in mezzo ai cacciatori di foche, e nello Stretto di Magellano a cercar petrolio. È con incredulità che ricorda gli inizi scrittore e giornalista (nel 1940), i primi premi e riconoscimenti. Poi racconta dei viaggi, della situazione politica cilena, e così via. Eppure, ciò che colpisce di più e che scalda il cuore è l’affetto dello scrittore per i familiari e per gli amici di una vita. Non c’è pagina che non ne sia pregna.

Con semplicità e franchezza, Coloane racconta una Patagonia che si fa reale, vera, vissuta, così come la sua gente. Si sente tutta la magia di questa terra alla fine del mondo, così bella e crudele, innocente e spietata, dalla natura indomita. Ogni riga trabocca dell’amore dello scrittore per la sua terra e per il suo popolo. Si ha l’impressione di essere lì.

Ad ogni passo, ad ogni respiro, ad ogni batter di ciglia. Si sente l’infrangersi delle onde oceaniche sulla costa rocciosa, l’odore del mare, lo stridio dei gabbiani. Non si può restare indifferenti. Si ama, si gioisce e si soffre, insieme allo zio Francisco. Quante lacrime per gli indios Ona! Si arriva alla fine del libro con un misto di malinconia e smania. Come sempre, dopo una grande avventura. Si ha subito la voglia di ripartire per un nuovo viaggio. Ed io di certo salperò ancora insieme a Francisco Coloane, anche se non so ancora verso quale avventura.

Libro consigliatissimo!

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