Scopriamo il libro #1 | Il treno dei bambini

Il libro che voglio farvi conoscere oggi è Il treno dei bambini di Viola Ardone. Sono sicura che vi conquisterà già dall’incipit e, vi assicuro, questo è solo l’inizio di un libro che vi scombussolerà il cuore.

Il treno dei bambini
Il treno dei bambini di Viola Ardone | Einaudi |
2019 | pp. 248 | € 17,50 | ISBN 9788806242329

Parte I
1946

I.

Mia mamma avanti e io a presto. Per dentro ai vicoli dei Quartieri spagnoli mia mamma cammina veloce: ogni passo suo, due miei. Guardo le scarpe della gente. Scarpa sana: un punto; scarpa bucata: perdo un punto. Senza scarpe: zero. Scarpe nuove: stella premio. Io scarpe mie non ne ho avute mai, porto quelle degli altri e mi fanno sempre male. Mia mamma dice che cammino storto. Non è colpa mia. Sono le scarpe degli altri. Hanno la forma dei piedi che le hanno usate prima di me. Hanno pigliato le abitudini loro, hanno fatto altre strade, altri giochi. E quando arrivano a me, che ne sanno di come cammino io e di dove voglio andare? Si devono abituare mano mano, ma intanto il piede cresce, le scarpe si fanno piccole siamo punto e a capo. 

Mia mamma avanti e io appresso. Dove stiamo andando non lo so, dice che è per il mio bene. invece che sta la fregatura sotto, come per i pidocchi. È per il tuo bene, e mi ritrovai con il mellone. Per fortuna eppure all’amico mio Tommasino gli fecero il mellone, per il suo bene. I compagni nostri del vicolo cis potevano, ci dicevano che parevamo due cape di morte uscite da dentro al Cimitero delle Fontanelle. Tommasino in principio non era amico mio. Una volta l’avevo visto che si fotteva una mela dal banco di Capajanca, il verdummaro che tiene carretto a piazza Mercato, e allora ho pensato che non potevamo essere amici, perché mia mamma Antonietta mi ha spiegato che noi siamo poveri sì, ma ladri no. Altrimenti diventiamo pezzenti. Però Tommasino mi ha visto è a rubato una mela pure per me. Poiché la mela io non l’avevo rubata ma l’avevo avuta regalata, me la mangiai, infatti stavo con la fame agli occhi. Da quel momento siamo diventati amici. Amici di mele. 

Mia mamma cammina in mezzo alla via senza guardare mai a terra. Io trascino i piedi e sommo i punti delle scarpe per far passare la paura. Conto sulle dita fino a dieci e poi ricomincio daccapo. Quando farò dieci volte dieci, succederà una cosa bella, così è il gioco. La cosa bella fino a mo non mi è mai capitata, Forse perché ho contato male i punti. A me i numeri mi piacciono assai. Le lettere invece no: da sole le riconosco, ma quando si mischiano per fare le parole mi confondo. Dice mia mamma che io non devo crescere come lei, ed è per questo che mi ha mandato a scuola. Io ci sono andato, ma non mi sono trovato bene. Prima di tutto i compagni strillavano e me ne tornavo a casa con il male di capa, la stanza era piccola e puzzava i piedi sudati. Poi dovevo rimanere tutto il tempo fermo e zitto dietro a un banco a disegnare le asticelle. La Maestra teneva la scucchia e parlava con la zeppola in bocca e a chi la sfotteva gli arrivava una scoppola sulla testa. Io in cinque giorni ne ho avute dieci. Me le sono contate sulle dita come i punti delle scarpe, ma non ho vinto niente. così a scuola non ci sono voluto andare più. 

Mia mamma non era contenta, però ha detto che almeno mi dovevo imparare una fatica e così mi ha mandato a fare le pezze. All’inizio ero contento: si trattava di stare tutto il giorno in giro a raccogliere gli stracci vecchi casa per casa oppure da dentro alla monnezza e portarli al mercato da Capa ‘e fierro. Dopo qualche giorno però mi ritiravo così stanco che mi rimpiangevo le scoppole della maestra con la scucchia. 

Mia mamma si ferma davanti a un palazzo grigio e rosso, con le finestre grandi. — È qua, — dice. Questa scuola mi sembra più bella di quella di prima. dentro ci sta il silenzio e niente puzza di piedi. Saliamo al secondo piano e ci fanno aspettare in un corridoio sopra una panca di legno finché una voce non dice: il prossimo. Visto che nessuno si muove, mia mamma capisce che il prossimo siamo noi, e così entriamo. 

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Potete leggere il resto dell’estratto del primo capitolo del libro qui.
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