Chernobyl 01:23:40: di Andrew Leatherbarrow

Chernobyl 01:23:40
Chernobyl subito dopo il disastro.

Qualche mese fa, mentre eravamo in quarantena, si era parlato di un nuovo incendio nella zona di Chernobyl che destava preoccupazione, accompagnandosi ad un aumento della radiottività della zona.

Che Chernobyl sia una bomba ad orologeria che pende sulla nostra sorte, si sa. Quello che mi sono accorta di non sapere è che di quello che è successo quella notte del 26 aprile 1986 conosco molto poco. Così mi sono detta che dovevo rimediare.

Neanche a farlo apposta in libreria, lo scorso settembre 2019, è arrivato Chernobyl 01:23:40 di Leatherbarrow, che si propone proprio di fare chiarezza ed ordine sui fatti di quella notte e dei mesi successivi.

Leatherbarrow precisa fin da subito che, inizialmente, non era sua intenzione scrivere un libro. Incuriosito dai fatti di Chernobyl ha iniziato a documentarsi ed informarsi e a mettere nero su bianco il tutto. Solo per sé stesso. Per una serie di coincidenze, i suoi appunti hanno poi preso forma di un libro vero e proprio (inizialmente autopubblicato), arrivando nelle librerie (e su Netflix con la serie Chernobyl Diaries). Si scusa anche per la qualità dello scritto, non essendo uno scrittore di professione, però spera di riuscire ad offrire comunque un resoconto chiaro e semplice non solo di quello che è successo quella notte a Chernobyl in termini di fatti, ma anche in termini di fisica nucleare.

Con questa premessa, inizio a leggere Chernobyl 01:23:40 piena di aspettative.
Mi sparo una prima parte sull’energia nucleare, poi una sulle centrali nucleari – come sono fatte, come funzionano (e qui destreggiarsi tra tipi di reattori, grafite, barre di controllo non è sempre così “chiaro e semplice”, anche perché l’autore a volte si perde tra le sue mille parentesi).
Ma è comunque tutto molto interessante e promette bene.

E poi… l’inaspettato: Leatherbarrow inizia ad alternare il racconto del suo viaggio a Chernobyl del 2011 ai fatti di quel 26 aprile.

Nulla di male se il viaggio servisse da escamotage per raccontare quello che è successo quel 1986. Invece, NO!

Se saltate a piè pari i capitoli dedicati a sé stesso e leggete soltanto quelli che tentano di ricostruire il disastro di Chernobyl, non vi perdete niente. Sul serio. Ad un certo punto mi è sembrato di essere finita di nuovo ne La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker: un altro Marcus che anziché mettere in primo piano il caso passa 700 pagine su 900 a parlare di sé stesso e delle sue paturnie interiori.

Sei sui luoghi di un disastro nucleare, stai attraversando paesi che migliaia di persone hanno abbandonato in fretta e furia, convinte di tornare a casa dopo pochi giorni, e senza sapere di essere state esposte a radiazioni mortali per giorni e settimane e te se ne esci con:

Le mie foto dell’edificio sono tremende. Sono troppo impegnato a fissare l’Unità 5 per rischiare di perdere tempo prezioso cercando un punto di osservazione decente.

E ancora:

“Partiamo presto: oggi perlustriamo Prypyat. Di solito viaggio leggero. Lo faccio per una questione di praticità: non voglio essere assillato dall’angoscia di perdere la valigia, né trascinarmi dietro del peso inutile.”

E ancora, ancora e ancora. Una pagina dopo l’altra.
Voi non avete idea della quantità di foto che deve aver fatto questo figliolo e di come ne sia stato insoddisfatto. Voleva fare delle belle foto, e invece ne sono venuti fuori solo degli scatti banali, già visti e rivisti.

D’altronde, con così tante cose da fotografare e già fotografate da tanti altri, è difficile poter esibire il proprio stile personale e trovare un punto di vista nuovo.

Però lui è andato a Chernobyl per capire e saperne di più. Lo ripete più volte. Infatti:

“Vorrei poter riferire quello che ci ha detto lo scienziato che abbiamo incontrato, ma non ricordo niente perché eravamo tornati al nostro macchinoso processo di interpretariato e la frustrazione mi ha fatto rapidamente perdere interesse per la spiegazione.”

Ma sul serio? Ma serio serio?

Purtroppo, non sono riuscita ad apprezzare questo suo tentativo di portarci sui luoghi del disastro nucleare. È davvero troppo focalizzato su di sé, anziché su Chernobyl.
È stato come leggere le impressioni e l’eccitazione di un ragazzino che finalmente si trova sul set del suo videogioco preferito (infatti, ad un certo punto dice proprio che il tal posto è preciso uguale a com’è in S.T.A.L.K.E.R., un videogioco futuristico ambientato in una Chernobyl post-apocalittica).

Il tentativo di ricostruire i fatti di Chernobyl è stato interessante, invece, anche se a tratti confusionario. Offre tante informazioni (e tutti dovrebbero leggere e sapere come uccidono le radiazioni!), ma non sempre sono organizzate secondo una precisa direzione di marcia.

Quello che è certo è che il disastro nucleare di Chernobyl resterà un monito della fallibilità dell’uomo (oltre che una bomba ad orologeria pronta ad esplodere in qualsiasi momento). L’energia nucleare, per quanto utile, è troppo pericolosa. Basta un piccolo errore perché in pochi secondi si metta potenzialmente a repentaglio l’umanità intera.

Il sarcofago di Chernobyl –  © Svedoliver 

Sono passati trentaquattro anni dall’incidente. Migliaia di persone sono morte nelle settimane successive al disastro. Le radiazioni ne hanno uccise un numero che ad oggi non è possibile quantificare e continuano ad ucciderne. Tumori alla tiroide, leucemie, mutazioni genetiche: senza sosta, senza pietà.

E in tutto questo non c’è nessuna eccitazione.

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Chernobyl 01:23:40

Chernobyl 01:23:40 di Andrew Leatherbarrow
Salani Editore, 2019
ISBN: 9788831003032
Pagine: 272
Prezzo: € 15.90 (e-book: € 7,99)
Titolo originale: Chernobyl 01:23:40

Leggi un estratto

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Voi avete letto questo libro? Come lo avete trovato? State leggendo qualcosa di interessante? Fatemelo sapere.
Al solito, potete scrivermi qui, su FacebookTwitter e per e-mail.
A presto!

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