“Nessuno fra noi reali vuole il trono“
— Principe Harry

Dopo diversi anni, sono tornata a leggere Antonio Caprarica, che ho sempre adorato nella sua veste di inviato speciale nel Regno Unito della Rai.

Vi siete mai chiesti che cosa significhi per un bambino essere l’erede al trono? Ogni volta che vedo George, il figlio di William e Kate, ho sempre l’impressione che sia infelice. Dopo aver letto Royal Baby mi sono convinta ancora di più che questi bambini abbiano una vita tutt’altro che semplice e normale. Davvero emblematiche, tra tutte le monarchie raccontate da Caprarica, quella inglese e quella giapponese (per la quale chiederei l’intervento della Fidh).

Il libro parte raccontando, anche con un certo dettaglio, l’infanzia e l’adolescenza del Principe Carlo d’Inghilterra: il royal baby per eccellenza! È tutta la vita che fa l’erede al trono. Se sua madre passerà alla storia (anche) come la regina più longeva del Regno Unito, lui sarà il principe più anziano a salire al trono.

Chi ha seguito la serie The Crown di Netflix, saprà già, a grandi linee, quello che ha passato Carlo. Leggere il ritratto fatto da Caprarica è stato ancora più spaventoso. Nonostante i suoi difetti evidenti, una volta di più, ho provato pena per quest’uomo cresciuto come un oggetto e costretto in un’etichetta stagnante e deleteria per chiunque abbia un cuore e un minimo di sensibilità. In più, con tutto il bullismo che ha dovuto subire durante gli anni della scuola, università compresa, mi domando come non ne sia uscito peggio emotivamente e psicologicamente. Deve aver passato le pene dell’inferno.

Royal Baby di Caprarica, comunque, prosegue alternando altri eredi al trono inglese con eredi di altre monarchie in giro per l’Europa e non: Edoardo VII, Giorgio IV, Albert Victor (figlio della regina Vittoria), Vittorio Emanuele II, Vittorio Emanuele III, l’ultimo Kaiser di Germania, Isabella II di Spagna, la regina Vittoria, il principe William, Felipe di Spagna, terminando con un rapido excursus tra le monarchie scandinave e giapponese. Mancano, misteriosamente, all’appello i Grimaldi.

Anche se Caprarica si ripropone di raccontare queste infanzie reali nei loro privilegi e – molto più spesso – nei loro dolori, man mano che si prosegue nella lettura, tutto diventa sempre più generico e vago, virando verso una mera carrellata delle varie monarchie e delle loro caratteristiche in generale. Ad esempio, nel caso di Felipe di Spagna, parla quasi esclusivamente del suo comportamento da quando è salito al trono dopo l’abdicazione del padre.

Insomma, più si va avanti e più il tutto diventa “la tal monarchia oggi”. Ed è un peccato, perché mi aspettavo di leggere molti più aneddoti legati a questi royal babies in giro per il mondo.

Forse il mitico Antonio non ha avuto tempo a sufficienza per approfondire e fare le ricerche necessarie. Il libro resta comunque una lettura molto piacevole e anche molto interessante.

Comunque, se Caprarica sottolinea e lamenta più volte di come queste persone salgano al potere solo in virtù della lotteria genetica, a me colpisce di più un’altra cosa.

Anche se questi bambini nascono con un privilegio ereditario che li innalza fin dal primo vagito ad uno status “superiore” rispetto agli altri, c’è una cosa che li rende perfettamente uguali a qualsiasi altro bambino: la loro educazione (e perciò ciò che saranno da adulti) dipende dai genitori che hanno alle spalle. Se i loro genitori non li coltivano con la dovuta cura ed attenzione, cresceranno storti come possono crescere storti i figli di chiunque altro. Solo, con esiti più evidenti e, potenzialmente, più catastrofici.

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