Esercizi preparatori alla melodia del mondo di Maurizio Crosetti

“Sapevo che si è davvero liberi quando si resta, non quando si parte.”

Quella di Esercizi preparatori alla melodia del mondo è una storia che parte e arriva al Bataclan. Il giorno dopo gli attentati terroristici, in una Parigi scossa e incredula, ecco che si fa largo un ciclista con un pianoforte a rimorchio. L’uomo scende, stacca la bici, sgancia lo sgabello e si mette a suonare, tra lo stupore generale.

Non è un concertista, è un artista di strada. Una sera ha visto in tv un violoncellista suonare davanti ad un muro che cadeva, e in quel momento ha deciso che porterà la musica tra la gente. Ogni giorno una piazza nuova, ogni sera la musica giusta per piacere agli altri. Così, terminati gli studi, armato del pianoforte donatogli dal suo professore, parte per le strade del mondo, portando la musica dove c’è dolore.

Suona per i militari in Afghanistan, a New Orleans dopo l’uragano Katrina, a Kingston in Giamaica, a Kiev dopo gli scontri. Spinto dalla domanda cosa rimane nei luoghi del dolore?, consegna le sue note ad un pubblico imprevisto, perché la musica, come ogni altra forma d’arte, conforta e consola. È insieme intima e collettiva, è il primo segno della vita che riparte, dà tregua dalle sciagure che non possiamo controllare e asciuga il veleno del corpo.

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Ispirandosi a Davide Martello, l’artista che col suo pianoforte a coda ambulante ha suonato Imagine di John Lennon in Rue Lenoir, a due passi dal teatro Bataclan, dopo l’attentato, Maurizio Crosetti, la scrittura melodiosa e traboccante di poesia, esegue una toccante riflessione sulla vita.

La vita non è poi tanto diversa dalla musica. È una melodia fatta di scale e di arpeggi, di pause che non si vedono ma si sentono, di allegro e di piano. Imparare a suonarla è un cammino pieno di esercizi preparatori, ma alla fine siamo noi a decidere che tipo di musicisti essere.

Possiamo scegliere di essere dei concertisti o degli artisti di strada. Possiamo limitarci ad eseguire e a ripetere meccanicamente quello che ci è stato insegnato, pulci ammaestrate agli ordini del domatore, facendo della vita una mera eco, che scivola vuota, «…una lezione dopo l’altra, un esercizio dopo l’altro, preparatorio di quasi nulla». Oppure possiamo accettare il nostro essere imperfetti, fare nostro lo spartito e cercare la nostra armonia, la nostra musica, così da poter essere liberi e liberi di essere quel poco che siamo. Perché gli esercizi preparatori, da soli, non bastano per raggiungere l’armonia: bisogna imparare a suonare per sé stessi, passare dal sogno del viaggio al coraggio di viaggiare.