Will di Will Smith: questione di ego

Studiavo le mie battute con una cura maniacale. In quei primi giorni di Willy, ero così terrorizzato all’idea di sbagliare che mandavo a memoria l’intero copione: non solo le mie battute, ma quelle di tutti. Era l’unico sistema per tenere a bada l’ansia. Se proprio dovevo andare male, poco ma sicuro che sarebbe stata colpa di qualcun altro.”

Will di Will Smith
Will di Will Smith, Mark Manson | Longanesi | 2021 | pp. 432 | ISBN 9788830455962 | € 26 | Titolo originale: Will

Se proprio dovevo andare male, poco ma sicuro che sarebbe stata colpa di qualcun altro. Credo che, tra tutte le parole di Will Smith, queste siano quelle che meglio racchiudono e svelano l’uomo dietro il personaggio.

Chi è Will Smith? Chi è l’uomo che si nasconde dietro Il Principe di Bel Air? Perché, alla fine, è questo quello che lui è rimasto per tutti: il ragazzo di strada che, di punto in bianco, per un caso fortuito, si è ritrovato a vivere una vita da sogno. O, almeno, così si è cristallizzato nell’immaginario di tutti, o quasi, penso.

Questo omone di quasi due metri, di bell’aspetto, sempre sorridente e dalla battuta pronta: chi è?

Dopo aver visto, qualche mese fa, Benvenuto sulla terra, il documentario in sei parti della National Geographic su Disney+ di cui Will Smith è l’host, l’immagine che avevo di lui era già cambiata (ve ne parlavo qui). Leggendo questa autobiografia…woooow!

C’è un super mega iper strabordare di ego che è imbarazzante. Imbarazzante.

La prima parte, quando racconta dell’infanzia e della famiglia è molto interessante. Mi ha colpito l’educazione – perdonatemi i termini – “bianca” datagli dal padre, che, in un certo senso, non gli ha mai permesso di sentirsi “nero”, di sentirsi diverso dagli altri bambini e ragazzi del quartiere e della scuola. Credo che questo lo abbia aiutato a vivere in maniera produttiva i rapporti con la gente di spettacolo poi. In quattrocento pagine – di ego che cola – non ho mai percepito un suo sentirsi discriminato o potenzialmente penalizzato nella vita o nel lavoro perché di colore. Ho trovato la cosa molto significativa.

Quello che non mi spiego è la forte dissonanza tra il bambino fortemente empatico e l’adulto narcisista.

Quando racconta di sé da bambino, fa molta tenerezza l’immagine di questo ragazzino che, per proteggersi dall’ambiente famigliare instabile, impara a leggere ogni minimo gesto dei genitori. Più velocemente si riesce a scansionare lo stato d’animo della persona che si ha davanti, più velocemente si può fronteggiare la possibile crisi. In un punto dice che, dalla sua camera, riusciva a capire di che umore era il padre da rumore che facevano le chiavi appese. Se la giornata non era stata buona, allora lui si comportava di conseguenza (suo padre era uno facile di mani).

Così, quando fiutava aria cattiva si trasformava nel giullare di casa: ridere per smorzare, sdrammatizzare, calmare, stemperare. Questo suo far ridere la gente per evitare problemi gli è rimasto. È un po’ sulla stessa linea della frase di cui sopra: “ehi, se qualcuno ti fa arrabbiare, non sono certo io! Io ti faccio ridere, guarda. È colpa di qualcun altro se ti arrabbi, non mia”.

Dal momento in cui comincia a fare successo con la musica…c’è un vero e proprio tracollo. E, passando dal Principe di Bel Air all’attore di Hollywood diventa tutto un “HEY! Sono il più grande attore di tutti i tempi. Nessuno è come me!”. Una pagina sì, e l’altra pure.

Non c’è neppure più una reale autobiografia. È un continuo susseguirsi di cifre e di aneddoti dove Will Smith si loda e s’incensa senza sosta. Niente più introspezione, niente. A metà libro già mi era venuto a noi. Arrivata all’ultima pagina… se prima mi stava simpatico, adesso se lo incontrassi credo che cambierei strada. Tanta è la nausea accumulata per tanto colare di ego.

Persino col titolo del libro sembra voler sottolineare il suo mantra di vita: Will, volere. “Volere è potere ed io ho voluto e potuto”. Poco importa se ho spianato un discreto numero di persone senza neppure girarmi a guardarle. Pazienza se sono stato irrispettoso e ho ferito i sentimenti di persone care. Poco importa se mia figlia è arrivata a raparsi a zero per farmi capire che esiste qualcos’altro oltre al mio ego.

Non c’è riflessione, non c’è un’evoluzione della persona. Nulla. Solo un adulto – di 50 anni – un’immaturità emotiva da far tremare le gambe. Una mina vagante.

E dire che nell’ultima parte dice di aver avuto un’epifania, di essersi fatto delle domande e di voler essere un uomo diverso…

Ne avrà di lavoro da fare, la sua psicologa.

Parliamone!
Non tutte le autobiografie riescono col buco. Questa ne è un’esempio. Voi l’avete letta? Qual è stata l’auto/biografia più imbarazzante in cui vi siete imbattuti?Ce n’è una che, invece, mi consigliereste di leggere? Cosa state leggendo in questi giorni? Fatemelo sapere! 🤗
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